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giovedì 26 ottobre 2017

#MeToo: Il mio incontro con il Caimano

Era l'anno 2010, avevo 24 anni e stavo a Venezia. Gli Stati Uniti sfoggiavano fieri il loro primo presidente nero, noi stavamo iniziando ad appassionarci a Facebook, la primavera araba non era ancora inizata e Mubarak si preoccupava per quella nipote sfuggita in Italia. 

Io stavo finendo la tesi della specialistica e lavoravo ogni tanto come hostess. La mia giovane mente protofemminista non faceva i salti di gioia ad essere selezionata sulla base del "metro e settanta, taglia 42, sorriso" per spruzzare profumi nei centri commerciali arrampicata sui tacchi. D'altronde, non ero neanche particolarmente entusiasta ad essere una quasi neo-laureata nell'Italia della cris. Trovare solo lavori non pagati nonostante i 110 e lode, gli stage, e le quattro lingue sul curriculum non mi facevano esattamente pensare di avere davanti a me porte aperte e tappeti rossi.

Un giorno trovai un annuncio di un'agenzia che cercava hostess per un convegno. Oltre ai requisiti fisici chiedevano inglese, francese, e esperienze di un certo tipo. Mi presentai al colloquio, incredula che, per una volta, qualcuno fosse interessato al fatto che avessi appena finito uno stage in un'ambasciata. Andai in un hotel a Padova, era pieno di ragazze, aspettai ore, e alla fine mi fecero un colloquio in inglese piuttosto lungo.

Venni selezionata. Mi dissero che era una questione molto riservata, e che non potevano rivelare esattamente di cosa si trattasse. Se non fossi stata irrimediabilemente naive e con una testarda fiducia nella gente, avrei dovuto capire che qualcosa non andava. Ma la paga mi sembrava buona, era un solo giorno, e mi aggrappavo alla speranza che fosse un lavoro da potermi mettere sul curriculum.

Arrivato il giorno, mi dicono di presentarmi alla Fenice di Venezia con tailleur nero, camicia bianca, e scarpe basse. Stupita e sollevata per non dover usare i tacchi, mi incammio per le calli. Man mano che mi avvicino alla Fenice, ecco comparire sempre piu' polizia. Ad un certo punto mi bloccano, la zona e' chiusa. Mi trovo con altre ragazze che avevo visto al colloquio, e spieghiamo che stiamo lavorando per un'agenzia. I poliziotti vogliono un badge, noi non l'abbiamo e non ci vogliono far passare. Arriva trafelata la ragazza dell'agenzia, ci da' i badge e passiamo. E' tesa come una corda di violino e iniziamo a speculare su quello che ci aspettera'.

Arriviamo alla Fenice, siamo un gruppo di una decina di ragazze. Mentre la responsabile dell'agenzia inizia a spiegare cosa dobbiamo fare, ecco arrivare un secondo gruppo di una decina di giovani donne. Sono le ragazze piu' belle che abbia mai visto dal vivo. La piu' bassa mi supera di tutta la testa. la loro pelle e' liscia e levigata come la porcellana, i loro capelli cadono perfetti sulle spalle. Molte hanno un accento che intuisco essere dell'Europa dell'Est. Sono le modelle che devono accompagnare la cena. La responsabile dell'agenzia porta a noi dei panini da mangiare, alle modelle niente.

Mangiamo i panini scherzando sul fatto che a volte essere belle non e' un vantaggio. Le modelle vengono fatte accomodare nella stanza piu' interna della Fenice, mentre noi stiamo nei banchetti dell'atrio. Ci vengono fornite liste di nomi e badge da distribuire alla gente. Addocchiamo nomi conosciuti, e capiamo che e' qualcosa di piu' grosso di quanto ci aspettassimo.

Arrivano uomini della scorta. Guardie in borghese che noi accreditiamo ed entrano nella sala. Iniziano ad arrivare gli Arabi, alcuni con la kefiah in testa. Un uomo ci stringe la mano, in modo forzato, come a mostrarsi simpatico e affabile con il popolo. Io e le altre ragazze ci guardiamo e ci facciamo cenni di conferma: e' Scajola. In un mare di uomini che arriva ed entra in sala, compare una donna bellissima. Piu' bella ancora di tutte le modelle, e ci saluta gentile. E' Afef, al braccio di Tronchetti Provera. Vari politici di Lega e Forza Italia ci passano di fianco, e ormai il gioco tra me e le altre ragazze e' cercare di capire se lui ci sara' o meno. Si vocifera che stanno parlando di petrolio.

Finiamo di dare badge e di accreditare la gente. Gli ospiti piu' importanti non passano dal nostro banchetto, ma hanno un'entrata laterale. Inizia la cena, e noi ci mettiamo in attesa. Arriva la responsabile dell'agenzia, e ci dice che, appena finita la cena, dobbiamo entrare in sala a distribuire delle orride statuette in vetro di Murano agli ospiti. Dovrebbero entrare le piu' carine, ma la responsabile non osa scegliere, e cosi' decidiamo di entrare tutte, tanto piu' che ormai siamo diventate amiche e abbiamo la consapevolezza collettiva di non essere modelle. 

Si aprono le porte, ed entriamo quasi di soppiatto. Tra i tavoli imbanditi vediamo tutti. C'e' quello che in seguito avrei scoperto essere Al Thani, l'Emiro del Quatar. E c'e' Berlusconi, seduto al centro e sorridente come l'imperatore folle di un regno che non vuole ammettere di essere decaduto. La gente inizia ad alzarsi, passa di fianco a noi, che porgiamo le statuette nelle loro confezioni. 


Berlusconi ci si avvicina. Provo una sorta di brivido nel vedere quel suo sorriso plastico, come quello di un clown malefico. Capisco il perche' delle scarpe basse: anche solo dal mio metro e settanta, che mi permette appena di fare la hostess, riesco a vedergli il trapianto di capelli sulla cima della testa.

Ci guarda, una delle regazze gli porge incerta un pacchetto. Lui controlla di essere al centro dell'attenzione, e poi dice a voce alta, in modo che tutti sentano:

"Cosa mi date, ragazze? Un regalo? Perche' non mi date il numero di telefono, invece?"


A tutto questo e' seguito il silenzio. Nostro, suo, dei presenti in sala, di Al Thani e dei suoi soci ed interpreti, che spero non abbiano tradotto. Berlusconi si mette a ridere da solo, il re pazzo che non vede di essere patetico, e se ne va.

Ci siamo indignate, con le altre ragazze. Ne abbiamo parlato e abbiamo provato schifo per noi, per lui, per il periodo storico e il luogo in cui ci trovavamo ad essere giovani e donne. Come lo scrivo qui, a volte racconto quest'episodio in giro in mezzo alle altre storie da cene con amici sulle cose strane che mi succedono. E' quel piccolo sexual harassment da parte di Berlusconi che raccontero' ai miei nipoti come favola di tempi passati in cui la vita era tanto piu' dura. Non e' come essere seguita e terrorizzata da uno sconosciuto, non e' l'uomo che ti molesta sul bus, non e' una storia da mettere su facebook come #MeToo

Oppure, forse, lo e'. Ci stiamo tutti stupendo dal caso Weinstein. Ma cosa c'e' di diverso, qui? Berlusconi nel 2010 era al centro degli scandali di bunga bunga e prostitute. Gli interessava cosi' poco, era cosi' tronfio nel suo piedistallo di potere, che si poteva permettere di paventare in pubblico la sua maschera da maniaco, di vantarsi dei suoi approcci alle donne. Io e le altre ragazze non abbiamo subito nulla perche' non eravamo neanche alla sua altezza. Studentesse di lingue, lettere e filosofia di bellezza media, a caccia nel migliore dei casi di qualche soldo per l'Erasmus, a lui non potevamo davvero interessare. Ma cosa avranno risposto, le modelle che aveva pagato per allietare la sua cena? Avranno potuto rispondere con il silenzio? Che cosa avra' potuto rispondere Afef, all'inizio della sua carriera?

Ho letto questo articolo oggi che parla del fallimento del femminismo italiano. Sono d'accordo con l'articolo, non fosse che il femminismo italiano, forse, non e' mai neanche nato. Certo, c'erano le nostre madri che hanno fatto il 68'. Ma nel 2010 io e le altre ragazze che lavoravano con me avevamo passato tutta la nostra vita sotto Berlusconi. Nel 1994 approcciavamo la preadolescenza nel piu' maschilista dei mondi possibili. Siamo cresciute con le veline seminude in TV, con le palamentari che facevano carriera con favori sessuali. Abbiamo votato per la prima volta sperando di cambiare tutto, e non e' cambiato nulla. Iniziavamo a fare colloqui di lavoro in cui ci veniva chiesto se eravamo sposate e volevamo figli, e in cui vedevamo uomini passarci davanti. 

E in tutto questo ci veniva detto che le battaglie femministe erano finite e vinte, che dovevamo essere felici di avere tutte le possibilita'.

Salvo poi il presidente del consiglio usarci, in pubblico, per le sue squallide battute, perche' per lui solo quello eravamo: degli oggetti sessuali sui quali scherzare. 

Per cui no, il femminismo italiano non e' fallito con le donne che insultano Asia Argento invece di capire che il sistema e' malato: il femminismo italiano deve ancora scrollarsi di dosso tutte queste piccole storie tossiche che ognuna di noi si porta cucite addosso, e iniziare davvero a creare una societa' migliore.

Perche' lui non sara' piu' imperatore, ma ancora ci guarda dalla sua reggia, sussurrandoci che, forse, tutto cio' che possiamo offrire e' un numero di telefono.







3 commenti:

  1. da questi mostri purtroppo non ti salvi manco se sei busta (racchia) e io me ne intendo, perché so' busta forte.
    chiedo scusa se appaio poco femminista, lo sono ma non lo so' esprime.

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