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sabato 27 gennaio 2018

L'Educazione Tedesca

Heike e Hans camminano uno di fianco all'altro nel corridoio grigio della scuola elementare Sigmund Freud. Tengono lo sguardo basso e iniziano a parlarsi solo quando arrivano davanti alla porta di Frau Runkerschlager.

"Zuckerpüppchen, sono tanto preoccupato... forse il problema è quando l'abbiamo portato al parchetto centrale di Mordor, ed è salito su quella pertica piena di schegge di ferro, ed è caduto sbattendo la testa..."dice Hans alla moglie
"Non dire sciocchezze, Schatz" ribadisce Heike, con voce tremante "siamo stati sempre dei bravi genitori. Gli abbiamo dato una buona alimentazione, con crauti e currywurst tutte le settimane. Ogni giorno ho sempre controllato che mettesse le calze sotto i sandaletti. E sappiamo che i bambini devono essere lasciati liberi di correre attorno a spigoli appuntiti e salire su impalcature pericolanti sennò diventano pappemolli..."

La porta di Frau Runkerschlager si apre con un cigolio, interrompendo la conversazione dei due coniugi. Sempre uno di fianco all'altra, ma senza darsi la mano, Hans ed Heike entrano nell'ufficio. E' una stanza quadrata, con un tavolo molto grande ma spoglio, eccetto un computer, un blocco di carta, e qualche matita perfettamente temperata. Dietro alla scrivania c'è una libreria con qualche volume ordinatissimo, tra cui spicca un tomo dal titolo "Kinderpsychologie." Da una sola finestra si intravede un cielo grigio e dei vecchi giochi per bambini in metallo, uno scivolo, due altalene, che però pare nessuno stia usando, malgrado sia la ricreazione. 

Frau Runkerschlager ha i capelli grigi legati sulla nuca, degli occhiali rotondi sul naso un po' adunco, labbra sottili. Indossa un abito classico nero che le mette in risalto la figura ossuta.  Si siede dietro alla scrivania, facendo cenno ad Hans ed Heike di accomodarsi su due sedie nere di fronte a lei. Solo quando i sue si sono seduti, pronuncia le sue prime parole 
"Guten Morgen, Frau Stumpel. Guten Morgen, Herr Stumpel".

I due mormorano un saluto, visibilmente nervosi
"Come immaginerete, vi ho chiamato per parlare del piccolo Dietmar" 
Hans ed Heike sospirano all'unisuono
"E' un kind un po' vivace, certo..."
"L'altro giorno non ha finito la zuppa di crauti, ma è affettuoso..."
Frau Runkerschlager interrompe i due con uno sguardo glaciale.

"L'altro giorno ho detto ai bambini di sedersi. Tutti hanno subito risposto JA! e l'hanno fatto, ma Dietmar è rimasto a giocare" inizia Frau Runkerschlager, unendo i polpastrelli delle dita sulla scrivania. "Ho detto a tutti i bambini di leggere, e hanno detto JA! e l'hanno fatto, ma Dietmar invece ha suggerito di andare in giardino perché era l'unico giorno di sole del mese. Ho detto a tutti i bambini di disegnare la loro casa, e Dietmar ha disegnato un'astronave coloratissima. Tutti i bambini obbediscono, ma Dietmar inventa storie. Corre per i corridoi. Grida. Addirittura..." Frau Runkerschlager fa una pausa teatrale "Dietmar RIDE".

"Ah!" sobbalzano in coro Hans ed Heike
"Non credevo fosse così grave, Zuckerpüppchen"
"Schatz, ci dicevamo che è solo perché ha sei anni, invece..."

"Invece vostro figlio ha..." Frau Runkerschlager fa un'altra pausa teatrale "Un disturbo dell'attenzione"

Heike si porta le mani al volto, Hans lotta contro una lacrima. 

"Come ben sapete" continua Frau Runkerschlager "Noi alla Schule Sigmund Freud non tolleriamo che i bambini non stiano attenti. I bambini il primo anno devono imparare ad essere fieri cittadini di Germania: organizzare i loro appuntamenti; sbrigare le loro pratiche burocratiche; pronunciare parole come empfehlungvermögen; esprimere le loro idee senza troppo coinvolgimento emotivo. Il secondo anno procederanno poi con il leggere Kant ed Hegel"

"Come farà Dietmar?" si preoccupa Hans 
"C'è qualcosa che possiamo fare?" chiede timida Heike

"Per fortuna..." nel corso della sua pausa teatrale Frau Runkerschlager increspa le labbra in quello che sembra un sorriso "Abbiamo trovato una soluzione"

Frau Runkerschlager estrae con fatica un pacco di tela da un punto imprecisato sotto la scrivania. Lo apre con grande lentezza, mostrando poi finalmente una sorta di giubbotto di salvataggio


Hans ed Heike rimangono in silenzio, stupiti. Frau Runkerschlager li guarda per qualche istante, forse seccata dal dover spiegare ogni cosa.

"E' una giacchetta ripiena di sabbia"

Hans ed Heike non danno segno di aver capito. Frau Runkerschlager pare sempre più nervosa.
"Dietmar la indosserà tutti i giorni. Così sarà più difficile alzarsi. E rimarrà seduto. A leggere. Disegnare case grigie. A mangiare i crauti".

"Ma... funziona?" chiede Hans, visibilmente perplesso
"Certo!" strilla Frau Runkerschlager battendo un pugno sul tavolo, questa volta visibilmente infastidita "Abbiamo provato tanti metodi. Il guinzaglio. La gabbietta. La colla sul sedere. Ma non andava bene nulla, i bambini si rovinavano i pantaloni, si strozzavano, e arrivavano sempre i servizi sociali. Con questa invece stanno seduti tranquilli. Possono alzarsi, eh. Con fatica, ma si alzano. Molto più agevolmente che con le sbarre di ferro legate alle gambine"

"Ma...non sarà imbarazzante?" balbetta Heike, bianca in volto
"Non dica sciocchezze!" perde le staffe Frau Runkerschlager "Questa giacchetta è fatta proprio per evitare l'imbarazzo. Per bambini come Dietmar l'alternativa sarebbe lasciarli correre. O dargli una pacca sulla spalla per incoraggiamento. O abbracciarli. Immaginate che imbarazzo per un bambino essere ABBRACCIATO davanti a tutti gli altri? Lo prenderanno per una pappamolla. La giacchetta è molto più discreta".

"Se lo dice lei..." tenta Heike
"Se nostro figlio potrà così diventare un bravo cittadino Tedesco..." continua Hans

"Lo diventerà certamente" conclude Frau Runkerschlager con un'altra increspatura di labbra che sembra un sorriso "Ora è solo un prototipo, ma presto lo useranno tutti i bambini in tutta la grande Germania"
Fa una pausa riflessiva, e aggiunge fiera "Oltretutto, con questa sarà di sicuro il bambino vestito meglio di tutta la classe"


Non so se sia andata davvero così, ma mi piace pensare che la decisione di 200 scuole tedesche di usare le sand vests per i bambini con ADHD si basi più o meno su queste riflessioni.


(Disclaimer: io non sono una psicologa e neanche un'esperta dell'infanzia, quindi magari si scoprirà tra 10 anni che questo metodo di mettere le giacchette di sabbia ai bambini con ADHD è geniale. Nel caso chiedo scusa, non volevo offendere nessun insegnante, genitore, o bambino. Volevo solo dare qui il mio modesto parere che secondo me è un'idea di merda) 

sabato 20 gennaio 2018

Viaggio nella Natura Universitaria

In lontananza si sente un sibilo, mi giro sperando non sia un serpente. La vegetazione fitta della giungla mi arriva a metà polpaccio. Mi fermo a prendere fiato, il caldo umido mi si appiccica addosso come fosse colla. Rimpiangendo i comfort del mio ufficio, sollevo la forbice e la spillatrice e taglio un paio di liane per aprirmi la via, ripetendomi che tutto ciò è necessario. Che è una piccola prova di coraggio da cui tutti devono passare. Metto il piede in una pozzanghera melmosa e lo ritraggo con schifo, mentre un po' d'acqua mi si insinua nella suola del mio stivaletto di pelle nera e mi inzuppa i collant. Mi sistemo la cartella piena di documenti sulla spalla e procedo, mentre degli uccelli non identificati starnazzano nelle fronde altissime sopra di me. Proprio quando mi si impiglia la borsa del computer in un ramo secco, la vedo davanti a me.

La Valle dei Bradipi.



La Valle si trova in una radura tra la biblioteca e la mensa, e lì ci stanno tutti i Bradipi che lavorano nell'amministrazione della mia università. Sono seduti composti davanti ai loro computer, e battono lentissimamente sulla tastiera con le loro lunghe unghie. 
"Guten Tag" grido, e passano cinque minuti buoni perchè uno si accorga di me. Sospiro e mi avvicino nervosa, dal momento che i Bradipi sono i miei nemici naturali.

"Guten Tag" mi dice il Bradipo, con l'aria annoiata e seccata che contraddistingue la sua specie

"Buongiorno, sono qui perchè sto organizzando un workshop" dal suo sguardo comprendo che non ha mai letto la mail che gli ho mandato in più copie, e così mi affretto a spiegare "Presente, che come parte del nostro lavoro ci sono da organizzare delle piccole conferenze, dei workshop? Ecco, ho invitato dei professori che sono rinomati nel campo, ho scritto un'introduzione, e ecco, la prossima settimana c'è il workshop, che è molto importante per me e la mia carriera, ed ecco voi dovreste..."

"Prenotare i biglietti aerei?" dice il Bradipo "Fatto". Ho un moto di sorpresa per la sua efficienza mentre mi porge le prenotazioni.
"Ma questo professore ha solo 40 minuti per cambiare all'aeroporto di Amsterdam, come farà a non perdere la coincidenza?" Il Bradipo scuote le spalle, come a dire: correrà. In fondo non è mica un bradipo, lui, ma un accademico.

Procedo con le altre domande: "Tutto a posto con il cibo?"
"No" dice il Bradipo, e spiega "Tu hai fatto una cosa sbagliata. Hai invitato dei tuoi colleghi a presentare il loro lavoro"
Lo guardo perplesso "Certo che l'ho fatto, perchè non dovrei?"
"Perche' le Sacre Procedure dicono che bisogna invitare gente da altre università, e la gente invitata deve essere di più di quella che già lavora qui"
Nel dirlo, tira fuori un librone polveroso rilegato in pelle, con sopra scritto "Procedure Burocratiche"
"Lo so Bradipo" tento io senza troppa speranza "Ma vedi, io ho organizzato il workshop e molti colleghi erano interessati a partecipare, e lavoriamo assieme, e mi sembrava giusto includerli..."
"E poi hai sbagliato un'altra cosa" continua Bradipo "Ho visto che hai mandato e-mail a tutti i dipartimenti dicendo alla gente che potevano venire ad ascoltare delle presentazioni. Hai invitato degli studenti ad assistere al workshop. Hai perfino messo la cosa su TWITTER"
"Si ecco Bradipo, è un workshop interessante ed è un bene che venga tanta gente no? Mica vogliamo invitare gente dall'America e che ci siano tre persone in croce ad ascoltarli no?."
"Visto che hai violato le Sacre Procedure, non avrai cibo abbastanza per tutti" taglia corto il Bradipo.



Cerco di fare buon viso a cattivo gioco: "Vabbè, preparerò io qualcosa. Un tiramisu"
"Certo, buona fortuna. Ricorda che in Germania per un motivo che ancora non hai compreso le vaschette di alluminio per i cibi da Rewe le vendono solo d'estate"
"Mi inventerò qualcosa... ma il poco cibo che abbiamo è gustoso?"
"Buonissimo, zuppa"
"Zuppa? Tutte e tre i giorni?"
"Si certo. Nelle Sacre Procedure c'è infatti scritto che durante i workshop noi vogliamo che le persone se ne stiano in piedi a sorbire la loro zuppa ustionandosi le dita con la ciotola, e versandosene metà sui loro bei completi da professori. E' per questo motivo che nella sala dove si mangia abbiamo messo un sacco di poltrone scomode e molto ingombranti, di tavolini bassissimi di finto cristallo, e di lampade di dubbio gusto ma non abbastanza tavoli da pranzo. Amiamo vederli mentre tentano di parlare l'uno con l'altra di tematiche serie ed interessanti ma finiscono per ustionarsi la lingua e sbrodolarsi. Siamo anche molto felici di vederli tutti nervosi ed affamati dopo un pranzo a base di zuppa sciapa"

"Capisco" dico io, scoraggiata "Ma la sera possiamo andare al ristorante?"
"No" dice il Bradipo "Sempre qui sul libro c'è scritto che noi vogliamo i professori tutti in una stanza buia e polverosa per dodici ore di fila, pasti inclusi, perchè vogliamo studiare la resistenza della gente quando vengono privati dell'aria fresca. Ciò che succede in assenza di sole già lo sappiamo perchè qui a Mordor non c'è sole da sei mesi"


"Bè, se non altro l'ultimo giorno del workshop finiamo a mezzogiorno"
"Ecco" mi interrompe il Bradipo "Questo non va bene. Il Sacro Libro dice infatti che se volete avere il pranzo dovete mettere qualcosa anche dopo pranzo. Quindi dovete trattenere tutta questa gente per altre due ore, facendo una discussione finale del workshop che non interessa a nessuno e che serve solo a dare la parvenza che il workshop stesso stia continuando"
"E questo perchè?"
"Sempre perchè vi odiamo" sentenzia il Bradipo. 



"Bene" continuo io "Però ecco, se invito a cena il keynote speaker prima della conferenza, posso avere un rimborso?"
Il Bradipo mi guarda, pensoso. Passano cinque minuti buoni. "Certo. Pero' va mandato tutto nell'amministrazione centrale, che sta sul Fiume della Burocrazia, dopo quelle liane"
"Splendido!" dico io, per la prima volta sollevata "E' solo tre fermate di metro dalla Valle dei Bradipi, ci vorrà nulla"
"Eh" sospira il Bradipo "Ci vorrà nulla per te, ma sai noi come ci muoviamo lenti. Non aspettarti il rimborso prima di sei mesi"

"Grazie Bradipo" dico io con un finto sorriso, preparandomi ad attraversare di nuovo la giungla per tornare nel mio ufficio e finire di organizzare il workshop. 
"Gli invitati viaggeranno scomodi, avranno poco cibo, si ustioneranno con le zuppe sciape, saranno distrutti dalle discussioni forzatamente prolungate e dalla mancanza d'aria, pero' che potrà andare peggio di così?"
Friederike











(Nota Seria: A parte Friederike il workshop però è andato bene. Io qui ho un pochetto sfottuto i miei amministrativi però per amor di correttezza dovrei dire che una, la nostra event manager, mi ha aiutata tantissimo ed è molto brava, così come gli student assistant the meno male ci sono loro. E CHIARAMENTE mi bacio i gomiti che, burocrazia a parte, io abbia tutte queste opportunità di organizzare workshop e avere fondi per farlo, che non è assolutamente scontato nell'università)

venerdì 5 gennaio 2018

Cards Against 2018

Tra Natale e Capodanno ho visto tutti i vostri post di Facebook con i buoni propositi sul 2018. Con le foto della gente a cui volete bene e a cui augurate ogni bene, con le prodezze compiute dai vostri figli nel 2017 e tutte le cose che vi hanno reso felice.

Io sono al massimo arrivata a pensare che nel corso del 2018 devo buttare il pattume dalla stanza dove lo accumulo e che mi ostino nonostante tutto a chiamare studio-slash-guestroom

Ho letto tutti i vostri blog expat in cui vi dicevate cosi' felici di tornare in Italia, e in cui parlavate delle gioie del festeggiare in famiglia, di passare del tempo con i vostri figli per le strade di Roma e Milano, del mangiare il cibo buono.

Io sono qui che conto i giorni che mi mancano per tornare in Germania e passare le serate a fare quello che mi piace, io e compagno imbruttiti sul divano davanti a Netflix a mangiare patate.

Non fraintendetemi, l'Italia è un posto bello. Purtroppo però io vengo da un paesino che è una succursale di Mordor e ha 5000 abitanti, di cui 4998 sono gatti attaccati ai maroni. I due che si salvano sono i miei genitori, che sono però pensionati moderni e tanto mi vengono a trovare, quindi li vedo già pure senza tornare e anzi è più divertente girare con loro il mondo in posti belli davvero piuttosto che stare nel paesino orrendo a vedere i fascisti che passeggiano nello smog.

I miei genitori però, al contrario di me, sono popolarissimi e conoscono tutti i 4998 gatti attaccati ai maroni più molti altri rifiuti umani dei paesini vicini. Così che io ogni volta che torno a casa mi ritrovo circondata da gente sconosciuta o semitale, i cui volti ho rimosso per far posto agli aggettivi in tedesco, che vogliono venirmi a trovare, uscire con me, e -ORRORE!- parlare con me.

E no, purtroppo non mi interessa dei loro figli e dell'abilità superiore che hanno nel mettersi le dita nel naso. Delle loro case da ristrutturare e del color celeste topo con cui vogliono dipingere i muri. Delle bomboniere che hanno scelto per il matrimonio a cui non andrò. Dei suoceri con cui litigano e dei cani che devono portare fuori. Come, spero ardentemente, a loro frega zero delle mie noiosissime ricerche e della mia vita grigissima a Mordor.



C'è stata una persona queste vacanze che mi ha chiesto della mia celiachia. Mentre dipingevo con frasi di circostanza la situazione dei miei villi intestinali e la frequenza con cui vado in bagno, mi sono chiesta se il fastidio e lo stress che stavo provando io a parlare dell'argomento fosse lo stesso che il mio interlocutore provava nell'ascoltarlo. 

Insomma, io dico che me ne sono andata dall'Italia per via della crisi economica, ma la verità è che ero stanca di incontrare per strada gente che conoscevo. La bellezza di stare tra sconosciuti è quella speranza di poter ancora conoscere gente interessante. 

(E qui digressione: non vi critico per le storie private che mettete sui social. Fate bene, Facebook è fatto proprio per questo. E non dovete risponderne a me, ma solo ai vostri figli che a quindici anni si vergogneranno come dei ladri nello scoprire che voi mettevate come foto del vostro profilo il loro sedere o loro vestiti da elfo sfigato e per vendetta condivideranno su YouTube video in cui pippano coca sul vostro letto. Sono io piuttosto che dovrei essere più selettiva con ciò che seguo e limitarmi a Spinoza). 

E così conto i giorni che mi mancano a tornare in Germania, perchè nel grigio di Mordor c'è un pregio infinito: la gente si fa i cazzi propri. Non so neanche chi siano i miei vicini. Tutti sulla metro sono zitti in un meraviglioso silenzio. Nei negozi si limitano tutti a grazie e buongiorno (e se provassero a fare di più tanto capirei zero). Ho un ufficio da sola. I miei colleghi sono tutti adorabili, ma riservati. Uno ha cinque figli ma non ho idea di come si chiamino, di quanti anni abbiano e se siano maschi o femmine, e non mi ha MAI mostrato una loro foto, nè parlato della loro cacca. Il mio capo e i miei colleghi per più di tre mesi sono vissuti nel dubbio che io fossi sposata, o divorziata, o forse nessuna delle due, e non c'è stato neanche uno che è venuto a farmi domande finchè io di mia sponte non ne ho parlato. Non c'è nulla da fare, io ADORO i Tedeschi. 

Così, alla luce di queste riflessioni, ho dovuto guardarmi allo specchio ed essere brutalmente sincera con me stessa: sono una persona orribile.

Ed è per questo che ho accolto il 2018 nel modo migliore possibile. Mi sono vista con gli amici con cui mi trovo ogni anno, che sono quelli che mi capiscono al volo e con cui non c'è bisogno di nessuna frase di circostanza. E abbiamo passato la serata a giocare a Cards Against Humanity, che è per l'appunto un gioco per persone orribili. 

In questo gioco semplicissimo una persona, a turno, pesca una carta nera. I partecipanti devono completarla con una frase che sia il più possibile cattiva e il più politicamente scorretto vince. 


Controindicato per: persone puritane; persone senza autoironia; persone che non sanno l'Inglese; persone che non comprendono la differenza tra fare ironia su qualcosa e pensarlo davvero; la maggior parte delle persone; persone che non vogliono imparare cosa voglia dire "smegma"; io, quando il mio compagno tira fuori una carta misogina e decido di lasciarlo per mettermi con il suo peggior nemico. 


Però Cards Against Humanity fa anche delle cose bellissime, oltre a rallegrare il mio Capodanno. Il progetto Cards Against Humanity Saves America raccoglie soldi per reazione al fatto che il Presidente degli Stati Uniti sia un gabinetto. La cosa più bella che hanno fatto, a mio parere, è stato comprare un pezzo di terreno sul confine Messicano per impedire di costruire il famoso muro.
Che, al momento, credo sia la mossa geniale che tutti avevamo bisogno, dopo un 2017 francamente un po' duro.

Per cui, in questo 2018, ho deciso che i miei buoni propositi prenderanno spunto da Cards Against Humanity. Smetterò di cercare di essere meno orribile. Mi rassegnerò al fatto che non c'è modo per me di migliorare e smetterò di fingere di interessarmi di cose di cui mi fregacazzi, cosa che comunque faccio in modo fallimentare. Invece di combattere il mio essere socially awkward, andrò con il pensiero, mentre mi parla la gente non gradita, allo Sticazzi di Zerocalcare, e inizierò a concentrarmi su quello che mi interessa davvero. 


Ma, al contempo, penserò ai metaforici pezzi di muro che potrei comprare per migliorare questo mondo. Non voglio essere più gentile o voler più bene alla gente, voglio dire in faccia ai gabinetti che popolano questo mondo quello che penso. Non voglio essere politicamente corretta, voglio incazzarmi di brutto con i misogini, i razzisti, gli omofobi. Non voglio scrivere su Facebook "per un Natale di pace e amore", voglio uscire di casa e comprare tutte le lanternine e le rose dei venditori ambulanti per farla al sindaco che le ha proibite


Non ho ancora un piano preciso per i miei propositi, ma si accettano suggerimenti. Buon 2018, miei orribili lettori.