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martedì 5 dicembre 2017

L'Italiano all'Estero e l'Italiano in Italia: un'analisi sociologica

Ho passato, ridendo e scherzando, sette anni all'estero, piu' qualche Erasmus vario, collezionando Francia, Giappone, Belgio, Stati Uniti e Germania. Di conseguenza ho conosciuto molti Italiani all'estero. E, va da se, molti Italiani in Italia, specie quelli che incontro ogni volta che torno per vacanze di Natale e simili. 

Dato il mio amore per le scienze sociali, ho deciso di creare una classificazione degli Italiani basandomi esclusivamente sulle mie osservazioni da neurone in fuga (e' quindi altamente scientifico). Gli Italiani sono qui divisi in due categorie: quelli in patria e quelli all'estero (che saranno sempre di piu' mi sa se vince Berlusconi e Salvini). Le due categorie sono suddivise ulteriormente tra gente a cui l'Italia piace e gente a cui l'Italia fa schifo (anche questa categoria aumentera' in modo esponenziale se le condizioni di cui sopra).

Facendo un sofisticato grafico, la situazione e':



Le quattro categorie che ho individuato sono:

1) La Pollyanna dell'era Ryanair: codesto soggetto vive all'estero e ne e' felice da impazzire. Non perde occasione per farti parte della sua storia di felicita', che inevitabilmente va cosi': era miserabile in Italia, perche' nessuno riconosceva la sua intelligenza, il suo valore, e tutti gli dicevano che puzzava; e' emigrato con una sola valigia di cartone e la carta di credito di papa' e pouf! Ora e' perfettamente realizzato.

Ora, puo' darsi che Pollyanna sia manager alle Nazioni Unite, oppure che ispezioni il didietro delle mucche in Australia, ma in entrambi i casi non fa altro che decantare il posto in cui vive: "Ah, ma guarda qui in Culonia come vanno i treni, manco in Italia quando c'era lui!" "Ah ma guarda in Italia fa sempre freddo, invece Vaffanculandia e' caldissima" "Ah ma guarda a Busodiculand i bambini a scuola imparano le tabelline a due anni, invece in Italia tutti analfabeti fino a 50" e cosi' via.

I soggetti piu' gravi fingono di aver dimenticato l'Italiano e/o ostentano un fastidiosissimo finto accento di Culonia, si vestono in modi improbabili tipo sandali con le calze o kimono giapponese in piena appropriazione culturale, oppure si appiccicano bandiere di Vaffanculandia anche sulle mutande.

2) L'ET degli expat : Esattamente come il celebre alieno dei film, il soggetto non desidera altro che telefonare a casa e possibilmente andarci. Vive all'estero ma chiaramente ci e' stato deportato a forza dopo esser stato messo bendato su un camion perche' perdesse la strada. Gli manca qualsiasi cosa dell'Italia: il cibo la mamma la nonna il gatto il cane. In certi casi piu' gravi, pure il degrado o l'illegalita' o la politica (gulp! E ora con Trump hanno quasi ragione).

Ripete infatti di continuo frasi come "Ah ma qui le strade sono costruite male" "ah ma qui non c'e' il concetto di amicizia e famiglia" o "ah ma qui sono tutti cosi' freddi, non come mio zio Gaetano che gira sempre con la lupara". Va da se che non fa altro che uscire in immensi gruppi di Italiani e quando ti individuano ti guardano con la bramosia di un tossico alla stazione che vuole spicci: "sei italiana? Sentiamoci eh, vediamoci eh, organizziamo qualcosa tra noi eh". Parla di solito le lingue straniere con la stessa abilita' dell'Italiano a Malta e fa un punto d'onore il mettere sempre delle parole italiane in ogni frase.

I casi piu' gravi girano vestiti come degli stereotipi viventi, perche' ogni piu' piccolo dettaglio deve ricordare al mondo che sono Italiani. Passano il tempo ad organizzare spaghettate, visione di film dei fratelli Vanzina, e spedizioni disperate di ore di macchina per procurarsi "l'olio buono, non la schifezza che hanno qui". Magari hanno vissuto dieci anni a Culandia o Vaffanculandia, ma non conoscono nessuno, non hanno mai assaggiato nessun cibo e non sono mai andati da nessuna parte, che la domenica la devono passare su Skype con la mamma.

Il motivo per cui non rientrino in Italia e' di solito non pervenuto, anche se sono a detta loro sempre in procinto di andarsene. 

3) La Dolce Vita Il soggetto vive in Italia e fa bene a farlo, perche' l'adora. Per lui non c'e' nulla di meglio del sole, del cibo, e della lingua italiana. In vacanza arriva al massimo in Sardegna, e va da se' che qualsiasi cosa venga dall'estero sia visto con sospetto in un regime di vaga autarchia. Dice spesso frasi come "Perche' mangiarci il sushi che c'e' il pesce nostro tanto buono?" "Perche' guardarci un film di Spielberg che c'e' De Sica nostro tanto bravo?" "Perche' impararci l'Inglese che la lingua nostra e' tanto bella?" e cosi' via.

Questo soggetto, di solito innocuo, va evitato come la peste dagli italiani all'estero che tornano per le vacanze. Infatti, il soggetto non riesce a concepire che qualcuno se ne vada. Lui, che e' fiero di non aver neanche mai pensato a farsi un passaporto, vive quasi come un'offesa personale che qualcuno abbia rinunciato alla bella Dolce Vita per qualcosa di stupido come studio o lavoro. Riesce a spiegarselo solo immaginandosi che l'espatriato provi una grande sofferenza, e aumentare questa sofferenza non fa che dargli gioia.

Cosi', quando incontra il figlio del vicino tornato dall'Erasmus, assume una faccia scura e dice a voce bassa, come quando si fanno le condoglianze: "Ma la', come fai senza bidet?" trovando appropriato parlare in luogo pubblico di igiene intima con persone semi sconosciute. I casi piu' gravi si nutrono quasi interamente di stereotipi, che vanno da "Gli Arabi puzzano" a "Gli Inglesi puzzano" a "I Giapponesi ce l'hanno piccolo". Non hanno mai incontrato un Arabo, un Inglese, un Giapponese, ma non ne hanno bisogno: non sono Italiani, e gia' questa e' una colpa orribile. 

4) Il Tu vuo' fa' l'Americano questo soggetto vive in Italia perche' probabilmente gli hanno inserito nella caviglia un microchip che lo fa esplodere quando si avvicina ad una frontiera. Altrimenti, fosse per lui, espatrierebbe subito. Costui infatti detesta l'Italia, e si sente personalmente vittima di un sistema sbagliato: non trova lavoro, non trova la donna, non trova un'auto che costi poco, e pure sta iniziando a perdere i capelli.

Per costui andare all'estero risolverebbe tutti i problemi, ed e' quindi un convinto esterofilo. Anche se pure lui non e' mai andato oltre Lugano, e' convintissimo di molte cose "Eh ma io qui sono senza lavoro e ho la terza media, ma in Culonia sarei laureato e farei l'imperatore del mondo " Eh ma io qui sono single da vent'anni e vivo con la mamma, ma a Vaffanculandia tutte le donne farebbero la fila tipo numerino della Coop per avermi" "Eh ma io qui posso permettermi solo patate e tonno Rio Mare, ma a Busodiculand mi tirerebbero dietro i soldi che manco Craxi"

Anche questo soggetto e' molto pericoloso per l'expat che torna a Natale. Infatti, lui prova una sorta di livore per chiunque sia andato all'estero che deve esprimere in modo passivo-aggressivo. La sua gelosia esce sotto forma di cattiveria "Ah, hai preso un dottorato in Culandia... vabbe' ma solo perche' li ci sono piu' possibilita', anche io l'avrei se fossi in Culonia" "Ah hai fatto un sacco di soldi, ma certo, come si fa a non diventare ricchissimi a Vaffanculandia?" I casi piu' gravi fanno sentire gli expat personalmente colpevoli per essersene andati verso una vita migliore all'estero, lasciando lui e il suo microchip che gli impedisce di espatriare in Italia.

Le quattro categorie, sempre secondo il sofisticato grafico, si situano cosi:



E dove stai tu, Giupy? Sento chiedere ai miei lettori.
Io sono Giorgio Gaber nel "Non mi sento Italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono". Ovvero, sono molto ambigua.

Spieghiamoci meglio: io adoro parlare male del posto dove sto (come avrete intuito dai miei blog), e anche lamentarmi tantissimo dell'Italia. Pero', nel mio mondo, solo io posso lamentarmi.

Io torno in Italia in vacanza e racconto tutte le storie dei Tedeschi che non ce la fanno, del fatto che si mangiano solo patate e che si mettono le calze di spugna. Quando una persona osa dire "ah si, i Tedeschi sono grassottelli", io divento una bestia. "COSA?!? Come ti permetti di insultare il mio popolo di adozione che tanto gentilmente mi ha accolta?"
Nella mia logica, solo io posso insultare i Tedeschi perche' ci vivo assieme

Allo stesso modo, io passo la mia vita all'estero a dire quanto l'Italia sia arretrata, maschilista, nepotista, sporca, di quanto le persone siano mammone, immature, pesanti, incapaci di votare in modo sensato, ossessionati dalla pasta. Pero' se un collega tedesco osa dire "Eh si, e poi Eros Ramazzotti fa proprio cagare" io mi incendio "COSA?!? Come osi criticare la mia madrepatria, culla di civilta' e cultura, patria dolcissima ed amatissima?"
Nella mia logica, solo io posso criticare l'Italia perche' da li ci vengo

Quindi nel mio sofisticato schema sono qui:



E si, a volte e' dura essermi amico. Pero' sono molto brava ad inventare categorie sociali

(Ps: le categorie sono al maschile per seguire le norme del patriarcato, ma possono essere benissimo applicate anche alle donne)

13 commenti:

  1. Devo essere sincera, gli ET sono la categoria che odio di più e inutile dire che tra gli italiani in Giappone ne è pieno, ma suppongo anche in altri luoghi. Comunque uno dei motivi per cui non tornano a casa è: "Eh se potessi lo farei subito ma non è mica facile", ovvero nessun motivo valido XD
    Io invece, che sia in Italia o all'estero, credo di essere proprio come te: mi lamento continuamente dell'Italia o di qualsiasi altro posto dove mi trovi, ma se lo fanno gli altri mi ergo a paladina in sua difesa.

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    1. Si infatti pensavo proprio agli Italiani in Giappone che a volte fanno davvero prudere le mani...

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  2. Io conosco un sacco di expat, espatriati per andare a fare lavori che potevano tranquillamente fare in Italia, che non perdono occasione per trattare di sfigati quelli che in Italia ci sono rimasti e si sono anche realizzati. E mi fanno incazzare da morire!

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    1. Vero. Infatti spesso gli expat non vanno frequentati troppo, eh...

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  3. Giupy ma esiste er cinepanettone a Mordor? Come fanno gli expat italiani a capi' che è arivato er Natale, luminarie festose escluse?

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    1. Non lo capiscono. Ma d'altronde qui nessuno parla di Natale per essere politicamente corretti e rispettosi di tutte le religioni, quindi nel mio cervello e' solo un gran "Buon Na... INVERNO!". Che poi oh, io sono di famiglia mangiapreti quindi ci sta pure, e il panettone (ne' quello vero, ne' quello cine) proprio non riesco a digerirlo.

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    2. A casa mia pajata e cinepajata, fa' 'n po' te...

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  4. Uno schema sintetico ma azzeccatissimo!
    La categoria che mi irrita di più al momento, sarà anche per la vicinanza stretta ogni volta che torno al paesello natale, è quella de Tu vuo' fa' l'Americano
    "Lamentiamoci, che lo sappiamo fare tanto bene, e facciamo possibilmente sentire in colpa chi ha deciso di andar via"
    Non c'è santo che tenga: questa storia che la soluzione a certi problemi di disoccupazione esiste e magari si trova dall'altra parte della frontiera, sembra una teoria cospirativa ai danni del loro microchip.

    Io non saprei esattamente dove mettermi, credo di essere in una posizione simile alla tua. Ammetto di aver avuto anche momenti da Pollyanna di Ryanair, in concomitanza con momenti di benevolenza verso i Tu vuo' fa' l'Americano - cioè, io ci ho provato a illuminare certi lati positivi dell'espatriare, ma il risultato che ho ottenuto è stato appunto, quello di essere tacciata di Pollyannismo.
    Quindi evidentemente ora mi sto zitta :D

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    1. Anche io per un po' sono stata Pollyanna, e poi ho deciso che stare zitti e' sempre la scelta migliore...

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  5. Adoro come scrivi :D
    Per la categoria 4, dimentichi il commento: "Ah, in Italia non ti hanno preso per il dottorato e all'estero si? Deve essere perché noi siamo veramente selettivi, fuori pigliano cani e porci..." (sentita davvero, anche se non diretta a me)

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    1. Questo devo dire non l'ho mai sentito, ma mi mette i brividi XD

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  6. "Spieghiamoci meglio: io adoro parlare male del posto dove sto (come avrete intuito dai miei blog), e anche lamentarmi tantissimo dell'Italia. Pero', nel mio mondo, solo io posso lamentarmi."

    Ah, eccomi, assolutamente!
    Inconsciamente, difendiamo così, davanti agli altri, le nostre scelte di vita.
    Saluti da Soest

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