Certe volte ho degli
incubi dove devo andare da qualche parte e non riesco perché non ci sono i
voli, arrivo in aeroporto ma non trovo nessun aereo, e so di essere in ritardo
per un evento importante ma nonostante i miei sforzi non riesco a trovare una soluzione.
Mi sveglio orribilmente frustrata e mi dico “Calma, Giupy, è solo un sogno, non
succederà mai”
Tranne quando,
ovviamente, è successo.
Arrivo con Compagno &
Colleghi all’aeroporto per andare in Colorado, ad una conferenza. Per me non è un
viaggio di lavoro, è molto di più: tornare dopo due anni dove ho fatto il
dottorato, rivedere delle persone molto importanti e poi, già che c’ero, andare
alle Hawaii.
A Dusseldorf, mi fermano
per un controllo a campione per vedere se ho gli esplosivi. “Si vede che sembri
una terrorista” mi fa notare la mia collega Marocchina, e sì che non avevo
ancora quel color cioccolato che ho adesso dopo due settimane di Hawaii.
Risulta che ho degli
esplosivi in borsa. Mi innervosisco e preoccupo: ho molti difetti, lo ammetto,
ma essere una bombarola non è ancora tra questi.
Però il bradipo della
sicurezza (perché come già ho spiegato, certi lavori in Germania sono
subappaltati a questa simpatica specie di animali pelosotti) mi rassicura: ci
sono molti altri oggetti che possono contenere materiali che assomigliano agli
esplosivi, tipo computer, o e-book reader.
Nel mio caso, era il mio
beauty con i trucchi Kiko.
Me ne sono andata
contenta di non essere spedita a Guantanamo, e lievemente preoccupata al
pensiero di quello che mi spalmo in faccia.
Voliamo fino a
Francoforte, e lì ci mettiamo in fila per il controllo passaporti. La fila è
lunga. La fila è lenta. La fila non si muove.
Ci chiediamo cosa
succede, finché non arrivano dei bradipi alla sicurezza che iniziano a sussurrare
piano che bisogna uscire dall’aeroporto. Non c’è nessun annuncio, solo gente
che lentamente inizia ad allontanarsi dai gates seguendo i bradipi. Il
controllo passaporti è chiuso, i gates sono chiusi e tutti i negozi si
svuotano. Un aeroporto fantasma.
Seguiamo la massa di
gente, e ci ritroviamo nell’area check in dell’aeroporto. I tabelloni con i
voli sono impazziti e non abbiamo idea di quando partirà il nostro aereo. La
gente si accalca sempre di più, non possiamo uscire e non possiamo muoverci. I
bradipi dell’aeroporto non ci danno nessuna informazione ma cioccolato e
patatine, probabilmente perché sono convinti siamo dei bambini in bisogno di
iperattività e presso la loro specie questa è la procedura da seguire.
Lufthansa ci manda un
messaggio sul cellulare dicendo che FORSE c’è qualche problema
Decidiamo di fare una
fila interminabile al banco Lufthansa, la nostra compagnia. La gentilissima bradipa
ci dice che l’aeroporto è stato chiuso per un controllo di sicurezza, ma di
avvicinarsi al gate il più possibile che presto riapriranno e noi partiremo per
Denver.
Purtroppo, ella mentiva.
Quando proviamo ad
avvicinarci ai gate con un gruppo di persone che, come noi, era stato così
istruito dalla gente Lufthansa, veniamo bloccati da una massa di poliziotti.
Per dei motivi che non so spiegarmi questi hanno in media dodici anni e mezzo e
sono molto nervosi. Credo che il nervosismo derivi dal non sapere cosa fare e
dal non avere ancora raggiunto la pubertà. Un biondino con riga da parte inizia
a sbraitare in tedesco in quel modo che si vede solo nei film sulle SS, e ci
intima di tornare ad ammassarci nell’aerea check in.
Lo facciamo, e vedo una
madre sola con tre figli allattare in piedi in mezzo alla ressa, sorridendo.
Ella è da questo momento
il mio eroe.
Scopriamo dalle news su
Internet che la motivazione della chiusura dell’aeroporto è un problema di
sicurezza. Apparentemente, una famiglia francese è arrivata al gate senza aver
passato il controllo di sicurezza.
O meglio, l’ha passato,
ma, come me, è risultata positiva agli esplosivi.
Il bradipo addetto alla
sicurezza, probabilmente lo stesso che ho trovato io, ha deciso che doveva
trattarsi di un computer o dei trucchi radioattivi della Kiko.
Li ha fatti passare lo
stesso.
Poi, in un momento di
epifania, si è detto “Oh cazzo! E se fossero dei bombaroli davvero?”
E lì si è chiuso
l’aeroporto per cercare di catturarli.
Apparentemente, però, i
bradipi di Lufthansa non avevano alcuna procedura per gestire questa cosa, e
quindi hanno scelto una facile strategia: la menzogna.
Così, una volta compreso
che il nostro volo non sarebbe mai partito, facciamo una fila lunghissima al
banco Lufthansa dove un bradipo ci ha dato dei biglietti per il volo del giorno
successivo. Chiediamo di riavere le valigie che avevamo imbarcato la mattina,
ma non è possibile perché le Sacre Procedure dicono che non si fa.
Così ci danno dei beauty
case con dentro spazzolino, dentifricio, e una maglietta bianca per grandi
obesi taglia XXXXXL. Niente mutande, perché evidentemente Lufthansa non reputa
importante cambiarsele tutti i giorni.
In compenso, c’è la
vaselina, per scopi che ancora non so spiegarmi.
Ci mettono su un taxi e
ci spediscono a Wiesbaden, un luogo ameno fuori Francoforte. Fiduciosa, vado
a cena nell’albergo, sperando di mangiare qualcosa che non sia patatine o
cioccolato.
Il cameriere però ha dei
disturbi mentali e mi insulta pesantemente quando gli dico che sono celiaca e
che no, non posso mangiare la pasta. Mi lamento con la receptionist che dice
che purtroppo non mi darà da mangiare ma mi offre una bevanda alcolica,
cosicché possa dimenticare le mie sofferenze.
La mattina dopo,
indossando le magliette da grandi obesi sulle quali volevamo scrivere
“Lufthansa ti odio”, arriviamo di nuovo in aeroporto. Siamo tutti stanchi, e io
un po’ hangover. Andiamo fiduciosi verso il nostro volo, quando scopriamo che
in realtà il nostro non è un vero biglietto. E’ solo una lista d’attesa. Ci
sono circa 50 persone sulla lista d’attesa, e il volo è, pensate un po’, pieno.
Dalla lista d’attesa
vengono selezionati secondo non si sa quale criterio i coniugi Olsen, gli unici
che potranno partire. Uno dei miei colleghi finge di chiamarsi Olsen per essere
imbarcato al loro posto e la cosa non funziona, però ora è il suo soprannome.
Una donna piange
disperatamente.
Chiediamo ai Bradipi del
banco Lufthansa che non sanno dirci quando potremo imbarcarci. Ci indirizzano
ad un altro banco. Ma mentono.
Dove facciamo una coda di
ore, e poi ci indirizzano ad un altro banco. Sempre mentendo
Dove facciamo una coda
interminabile, e poi ci dicono di andare da un’altra parte. A questo punto non
speriamo più che l’informazione sia corretta.
Tutto questo nutrendoci
solo di cioccolato e patatine che i bradipi ci lanciano, e inframezzato da
numerosi controlli di sicurezza tra una zona e l’altra dell’aeroporto, nei
quali io risulto quasi sempre positiva agli esplosivi. A volte è il computer, a
volte i trucchi di Kiko, a volte inizio a sospettare di essere davvero una
bombarola.
E’ però un incredibile
esercizio di team building. Io e i miei colleghi ci raccontiamo tutte le nostre
vite, condividiamo i segreti più intimi, ci vediamo nei momenti più bassi, e
ora siamo amici per la pelle.
Arrivati a sera troviamo
finalmente una bradipa che ci da una buona notizia: abbiamo sette posti per il
volo del giorno dopo per Denver.
“Grazie!” gridiamo noi
entusiasti “Prenotali!”
Però lei per ragioni a
noi misteriose e che sono scritte nelle Sacre Procedure non può prenotarli. E
poi sta per staccare. Ci dice di andare ad un altro banchetto, chiama la sua
collega e ci dice che ci farà la prenotazione.
Purtroppo, ella mentiva.
La collega bradipa,
infatti, ci dice che i sette posti non ci sono più. Nel tempo di spostarci da
un banchetto all’altro sono tutti scomparsi, proprio come la nostra fiducia e
gioia di vivere. Così ci dice che dovremo viaggiare tutti separati, alcuni il
giorno seguente, alcuni due giorni dopo. Con il suo lentissimo dito inizia a
mettere i dati di ciascuno di noi nel computer, proponendoci dei comodi cambi:
“Ma andare a Denver passando da Kuala Lumpur e andando a dorso di mulo fino ad
Hong Kong?”
Al grido di “Love wins”,
però, io e il compagno riusciamo a viaggiare assieme.
Ci ridanno le nostre valigie
(era, apparentemente, possibile) e ci mandano in albergo ad Offenbach, un posto
così isolato che i miei amici che hanno passato li due giorni avevano come
unico posto in cui mangiare Mc Donald’s, dove hanno consumato tre pasti per
variare da cioccolato e patatine. Ora sono della taglia giusta per la maglietta
da grande obeso.
Il giorno dopo, stavolta
con mutande pulite, torniamo a Francoforte. Ormai conosco l’aeroporto come le
mie tasche e inizio a sudare e tremare appena entro, dal tanto mi evoca brutti
ricordi.
Una bradipa della
Lufthansa, sentendo le nostre disavventure, dice che meritiamo una
compensazione e ci da un buono di dieci euro per mangiare qualcosa che non
siano cioccolato e patatine. Con dieci euro all’aeroporto di Francoforte si
comprano più o meno due bottigliette d’acqua e qualche caramella.
Ci imbarchiamo io e Compagno
per Londra, e il volo è in ritardo.
A Londra, corriamo come
dei forsennati per non perdere la coincidenza. Ancora una volta decidono di
controllarmi alla sicurezza perché assomiglio ad una terrorista e la bradipa
che si occupa della mia valigia ci mette circa 45 minuti. Solleva ogni boccetta
di shampoo e lo rigira tra le lunghe unghie, mentre io vedo che il mio volo si
avvicina e sto impazzendo. Ho un qualche rimpianto all’idea di non essere
davvero una bombarola.
Solo che le mie angosce
erano vane perché il secondo volo, per Washington, è anch’esso in ritardo.
Saliamo già sapendo che dobbiamo passare una notte a Washington e davanti a noi
si siedono dei rednecks che subito tirano indietro i sedili schiacciandoci.
Però già possiamo gioire:
siamo sfuggiti dalle grinfie di Lufthansa perché ora si tratta di British
Airways. Quando spiego che devo mangiare senza glutine mi danno il cibo della
prima classe, e appena arrivati a Washington un’impiegata gentilissima ci
aspetta dopo i controlli passaporti con già pronto il voucher per l’hotel.
Tutto così liscio che non
si direbbe neanche che questa sia la terra di Trump.
Nel bar dell’hotel
possiamo spendere 100 euro di cibo offerto da British Airways, ma è tardissimo
e possiamo prendere solo dei succhi. La mattina dopo sono tentata di offrire un
cappuccino a 30 homeless per usare tutto il buono, ma purtroppo l’albergo è
talmente isolato che non si trovano neanche loro.
In aeroporto ci dicono
che siamo su una lista di attesa, ma in pochissimo tempo, probabilmente alla
vista della bava schiumosa verde che mi sta uscendo dalla bocca, ci confermano
il biglietto.
Arriviamo finalmente in
Colorado, la terra più bella del mondo.
Ho perso quasi tutta la
conferenza, non ho potuto vedere alcune persone a cui tenevo, e con altre ci ho
passato un solo giorno, ma… non c’è nessun ma. E’ stato orrendo e spero che
Lufthansa venga soppiantata da un servizio di unicorni volanti velocissimi che
producono zucchero filato e MAI cioccolato e patatine.
Poi però abbiamo potuto lo
stesso passare del tempo in America e fare una splendida vacanza, anche con i
miei colleghi che adesso sono diventati i miei migliori amici, soprattutto
Olsen.
E in una cittadina del
profondo Colorado costruita ai tempi dei cercatori d’oro e minatori, in un
albergo con saloon rimasto uguale dal 1890, ci mettiamo a bere una cosa con una
donna che stava andando a piedi con suo padre da Denver a Durango in sei settimane
e che di lavoro fa nascere i bambini in casa.
“Io ho vissuto in
Germania” ci dice, tutta contenta “A Wiesbaden. Ci siete stati?”
Ordino subito un altro
bicchiere.
In tutto questo, la
morale è che ora farò causa a Lufthansa per tutti i soldi che ho perso con le
prenotazioni degli alberghi saltate e anche marginalmente per il fatto che
tenere le genti tre giorni in un aeroporto tra bradipi e cioccolato non è
esattamente salutare.
Tuttavia, la storia non è
finita, perché pare che Lufthansa ci abbia appiccicato addosso una sorta di
maledizione, a tutta la famiglia:
-
Dopo un
viaggio di ritorno che contemplava tre voli di cui due voli intercontinentali
in due notti e dieci ore a Denver, Compagno è dovuto andare a Bruxelles e poi
di nuovo in Germania, viaggio che ha fatto, per un guasto al treno veloce, su
un BUS DI LINEA.
-
Io avevo un
biglietto andata e ritorno per andare a Parigi. Non ho potuto prendere l’andata
perché ho dovuto viaggiare in un altro modo, e di conseguenza Air France mi ha
cancellato anche il ritorno
-
I miei
genitori su un altro volo sono rimasti bloccati un’ora perché il pilota aveva
sbagliato la manovra e non poteva aprire le porte.
Perché è importante
sapere che alla sfiga non c’è necessariamente fine.
Temo che fra un po' Lufthansa farà concorrenza ad Alitalia come maglia nera fra le compagnie aeree. Mio figlio e la moglie hanno viaggiato una volta Lufthansa dagli USA all'Italia e ritorno ed hanno avuto problemi di prenotazione (ed avevano un bimbo di 8 mesi da gestire), mio marito ed io, sempre Italia-USA e ritorno problemi di prenotazione, sedili più stretti del solito ed un freddo becco in volo. In entrambi i casi abbiamo goduto della scarsa gentilezza del personale sia di terra che di volo. Per la nostra famiglia Lufthansa kaputt! Anche altre persone che conosco si sono lamentate della scarsa cortesia del personale. Spero per te che in generale i tedeschi siano più cortesi e flessibili!
RispondiEliminaAlmeno non sono l'unica! Comunque si, freddo tremendo e tutti simpatici come delle mazzate nei denti, per dire che British Airways erano centomila volte piu' gentili e sorridenti (e sono inglesi, non esattamente un popolo famoso per la sua locura…)
Elimina