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mercoledì 4 aprile 2018

La Biblioteca dei Bradipi


Sono orma settimane che sto nella mia caverna. Ogni tanto guardo il cielo grigio di Mordor dall’uscita rocciosa, a volte mi capita di veder volare un Nazgul. Ho la pelle ormai squamosa, se ci fosse luce probabilmente mi vedrei grigia, come le pareti della caverna. Sono sicura di essere in grado di parlare, ma è da tanto che non sento il suono della mia voce.

Ma ormai il giorno è arrivato. Ho finito il mio libro

(Lo so, lo so, la parola “libro” desta subito ammirazione. Come Piccole Donne! Come Jane Eyre! Come l’Amica Geniale! No. E’ un libro accademico, di cui mi daranno il 5% delle vendite. A giudicare da quanto mi aspetto che venda, farei forse meglio a chiedere cinque euro ai miei genitori)



Sto scribacchiando le ultime righe, quando con terrore mi accorgo di una cosa. Devo consultare un libro per una citazione. Mi infilo veloce il cappello verde di Robin Hood e cerco di scoprire se il libro esiste da qualche parte in rete, fino a rendermi conto velocemente che ho solo una soluzione:

Andare nella biblioteca dei Bradipi.




Esco nella nebbiolina di Mordor, una lieve pioggia mi bagna le squame sul viso. A testa bassa e cercando di respirare mi avvio verso la giungla dei Bradipi, pronta ad affrontare ancora una volta la burocrazia crucca.

Arrivo sorridente al banco della biblioteca, dove un Bradipo mi saluta cortese.

“Non puoi portare quella” dice, indicandomi la borsa.
Certo, mi dico. Hanno paura che io rubi un libro sui cocci di terracotta trovati a Vaffanculandia del secolo terzo prima della nascita di Cthulhu.

(In alcune università per questo motivo gli studenti girano con borse trasparenti, ammesse nelle biblioteche. Prima o poi vorrei passare un pomeriggio all’entrata di queste università e vedere quanti giornaletti porno, mutande usate, vibratori, assorbenti, spillette dell’Afd, copie del libro di Trump riesco a vedere)

Chiedo al Bradipo dove posso lasciare la borsa, e lui mi indica un vago punto nel corridoio.

Arrivo davanti ad una fila di coin lockers. Sono quasi tutti presi, ma ne trovo uno minuscolo libero. Apro, prendo computer e un paio di altre cose dalla borsa, e provo a richiuderla.
Non si chiude.
Mi accorgo che bisogna metterci dentro la monetina come i carrelli dell’Esselunga.
Ma i cinquanta centesimi non vanno bene. Neanche un euro. Ce ne vogliono DUE.

Senza scoraggiarmi, rimetto tutto in borsa, prendo la borsa, e torno dal Bradipo della biblioteca a chiedere dove posso cambiare i soldi. Mi indica vagamente un bar di fronte, da cui escono degli strani fumi mefitici.

Entro al bar, faccio la fila e mi trovo davanti ad un Bradipo, che mi chiede gentile cosa voglio
“Cambiare i miei soldi” dico con un sorriso.
Il Bradipo mi indica lentamente con la lunga unghia un cartello piccolissimo vicino alla cassa che dice “noi non cambiamo i soldi”

“Prendo un caffè allora” dico in fretta.
Il Bradipo fa un cenno al collega, che si mette a girare in un calderone acqua, caffè, latte, scorie radioattive, melma, e persone tritate. Mi pone poi un beverone fumante che esala gli stessi odori dei canali di Venezia.
“Posso berlo in biblioteca?” chiedo io, sapendo già quale sarà la risposta.
Il Bradipo sta ancora scuotendo la testa in un “no” mentre io mi metto in un angolo a sentire la brodaglia calda che, bruciante, mi scende nello stomaco, tenendo ben stretti i miei due euro di resto.

Vado al coin locker, infilo la borsa, tiro fuori il computer ed altre cose, infilo i due euro, e chiudo. Il Bradipo della biblioteca, però, ha ancora qualcosa da obiettare.
“La giacca”
“Bella vero? L’ho presa con i saldi, ultima moda a Barad-dûr…”
Da come oscilla il capo, comprendo che vuole che me la tolga.
Perché chiaramente sarà pieno di gente che il libro sui cocci di Vaffanculandia se lo mette sotto la giacca. Oppure è scritto nelle Sacre Procedure e, violandole per farmi entrare con la giacca, il bradipo potrebbe morire.

Torno al coin locker, apro, spingo dentro la giacca, pressandola bene negli angoli polverosi tenendo nel frattempo computer ed altri oggetti sotto l’ascella, chiudo bene con una liana e torno dal Bradipo della biblioteca.

Mi chiede il tesserino, che passa lentissimamente sotto uno scanner.
“Devi restituire un libro. Sei in ritardo” sentenzia.
Al che mi vengono in mente le email in Tedesco che ho ignorato mentre ero nella mia caverna a scrivere. So di aver sbagliato, ma ci pensa il destino a punirmi: il libro è chiaramente nel coin locker.

Dopo un altro viaggio per il corridoio, torno dal Bradipo della biblioteca con il computer sotto un’ascella, la penna in bocca, il bloc notes in testa, e il libro sotto l’altra ascella.
“Ecco il libro” dico.
Il Bradipo mi guarda in silenzio, per poi dire, lentamente “sono cinque euro”
Rimango stupita. Non dalla multa che, in Germania, mi sembra perfettamente normale. Ma dalla compostezza del Bradipo. Io ho mancato di rispettare le SACRE LEGGI DELLA BUROCRAZIA e lui non mi dice nulla? Mi lascia andare così, senza farmi sentire una nullità, un’idiota, un pericolo vagante per la società perfetta?


Gli porgo velocemente i cinque euro scusandomi a mezza voce per la mia stupidità, in modo preventivo.
Il Bradipo increspa lentissimamente le labbra in un sorriso, e mi indica La Macchina.
Al che capisco perché non ho avuto nessuna punizione verbale: il sistema ha già trovato un metodo per punire i traditori della biblioteca.

La Macchina serve per pagare le multe sui libri che molti studenti usano per scrivere le loro tesi. C’è però un paradosso di fondo: per usare La Macchina bisogna già aver scritto una tesi ed avere almeno un dottorato.
Serve infatti inserire una stringa numerica che fa invidia a Fibonacci che va dedotta da un foglietto unto che il Bradipo si era probabilmente messo nel naso poco prima di darmelo.
Io, fortunatamente, un dottorato ce l’ho e così riesco a comprendere il funzionamento de La Macchina e ad inserire i cinque euro al suo interno. Dietro di me nel frattempo si forma la fila, ma nessuno sembra preoccuparsene, perché sono tutti Bradipi e sanno fare le cose con calma.

Torno dal Bradipo e gli mostro trionfante la ricevuta che mi ha dato La Macchina.
Per la prima volta mi sembra soddisfatto, e mi lascia entrare nella biblioteca, passando sotto al metal detector che chiaramente serve a scovare chi tenta di rubarsi una vergine di ferro dalla sezione medievale.

Mi inizio ad aggirare tra gli scaffali, con il computer sotto l’ascella e tutto il resto. Saltello su delle ninfee, aggiro delle paludi, mi arrampico su delle palme finché, finalmente, davanti a me, si erge il libro che mi serve. Lo afferro mormorando “il mio tessssoro!” e facendo cadere il bloc notes che stava sotto l’ascella, quando mi accorgo di un problema:

Per prendere il libro dovrò tornare dal Bradipo e ricominciare un’altra trafila burocratica per il prestito.

Mi guardo in giro, sento il bisogno impellente di avere una borsa per infilarci il libro, un cappotto, un qualcosa che mi permetta di portarlo fuori di nascosto.
Sospiro tristemente: i Bradipi con le loro regole sono stati più furbi di me.
Guardo con invidia il superciccione che sotto il maglione potrebbe nascondere tutta la treccani e la ragazza Musulmana che sicuramente può infilarsi tutti i Testamenti sotto il velo.

Ripromettendomi di ingrassare o convertirmi, decido di consultare il libro in loco, sedendomi nel sottobosco. Dopo una decina di minuti la trovo, la citazione che mi serve, apro febbrilmente il computer mentre un paio di Orchi mi scavalcano per gettarsi in una palude fangosa.
Ma io non ci faccio caso, perché con trionfo inserisco l’ultimo numero di pagina nel file e il mio libro è finito.

E’ tempo di salutare il Bradipo e uscire, sentendomi non più un mostro grigio ma una bellissima falena (sempre grigia, eh, perché non è che a Mordor ci siano i colori).
Ah, sospiro, finalmente posso godermi un po’ di vacanze, lontano da Mordor, lontana dai Bradipi.






“Il volo per l’Italia è in ritardo di un’ora perché sull’aereo da Manchester c’era un hooligan che ha votato Brexit e che si è messo a fare cose che l’hanno portato all’arresto, quindi ora i voli sono tutti ritardati, come vogliono le Sacre Procedure” mi dice, sorridente, il Bradipo dell’aeroporto.
Ma questa è un’altra storia.



8 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Se ti può consolare non è solo in Germania che le cose funzionano così. La burocrazia ceca è ugualmente allucinante (ma, del resto, Kafka aveva tentato di avvisarci...)

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    1. Anche Max Weber l'aveva detto, ma noi stolti che non davamo retta...

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  3. Io però ti invidio per la pazienza, io probabilmente l'avrei persa che va bene le regole, ma dire tutto insieme e dotarsi di una macchinetta per cambiare i soldi è chiedere troppo?

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    1. Non lo so, io rido perché ci ho perso (giuro) due ore...

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  4. Aspetta aspetta. Vuoi dire che nelle social sciences vi fanno dei contratti per monografie che prevedono che vi arrivino dei SOLDI? A noi una pacca sulle spalle e un buono per una merendina alle macchinette. (Oh, pero' ti serve per far carriera! O meglio, servirebbe. Se ci fossero posti di lavoro).

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    1. Si, lo fanno certe case editrici... il mio compagno per esempio ha il 5% delle vendite dopo i primi 100, ma essendo che il libro parla di un argomento estremamente settoriale e costa 150 euro per ora (dopo due anni) ne ha venduti 42. Cmq è fondamentale, pensa che sti maledetti tedeschi finché non pubblichi neanche ti chiamano dottore perché considerano che il tuo dottorato non è valido! (E spesso quindi vanno da case editrici che addirittura si fanno pagare, ma non duecento euro, tre o quattromila...)

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    2. Sì, pure a storia pubblichiamo, ma non ci pagano... Anzi, se ci sono tante immagini dobbiamo pure trovare external funding, se no le case editrici rognano.

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